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giovedì 19 giugno 2014

I duchi di Salaparuta (1992)

Silvio Ruffino, I duchi di Salaparuta, Stass Palermo, 1989, pp. 175.

Anno 1989. In occasione dell'inaugurazione delle nuove cantine di Casteldaccia e del lancio dei nuovi prodotti col marchio Corvo, il presidente della “Casa Vinicola Duca di Salaparuta s.p.a.” presenta questo libro. Una storia dei Duchi di Salaparuta, la stirpe di nobili che ha creato l'azienda conosciuta in tutto il mondo per il suo vino.
L'impianto dell'opera è esplicitamente celebrativo, così come certi toni fin troppo entusiastici fanno un po' storcere il naso. Nonostante questo, il libro è sorprendente per la sua ricchezza di informazioni ed aneddoti, per la sua ottima contestualizzazione storica, per i ritratti dei nobili che vengono offerti al lettore con una scrittura semplice e gradevole e un gusto autentico per la narrazione.
Di seguito una breve sintesi del contenuto del libro:

Il libro racconta le vicende dela famiglia Alliata, ramo dei Principi di Villafranca, duchi di Sala di Paruta e Principi del Sacro Romano Impero”, e più precisamente di:- Giuseppe, nato a Napoli il 24 giugno 1784, morto a Palermo il 20 giugno 1844- Edoardo, nato a Palermo il 13 novembre 1821 e morto il 10 gennaio 1896- Giuseppe, nato a Palermo il 6 luglio 1844 e morto il 24 gennaio 1913- Enrico, nato a Palermo il 14 luglio 1879 e morto il 13 dicembre 1946
- Marianna Topazia, nata a Palermo il 5 settembre 1913
La stirpe degli Alliata viene raccontata fin dal suo sbarco in Sicilia, nel 1789, quando il quattordicenne Principe di Villafranca Giuseppe Alliata Moncada Colonna, – partendo da una Napoli occupata dai francesi – si reca a Palermo assieme alla sua famiglia e a Ferdinando, Re delle Due Sicilie. Suo padre Don Fabrizio Alliata Colonna, gestiva il servizio postale di tutta la Sicilia, che all'epoca si espletava con i cavalli.
Giuseppe, sposatosi a vent'anni con Agata Valguarnera La Grua, diventerà proprietario dei vasti feudi di Carini, Terrasini, Bagheria e Casteldaccia, oltre che della villa di Bagheria che oggi si chiama Villa Valguarnera. Dopo alcune forti prese di posizioni politiche in contrasto con i Borboni, che lo condurranno pure a scontare carcere e confino a Pantelleria, Giuseppe Alliata decide di dedicarsi completamente alla coltivazione del proprio feudo, prendendo nel nel 1824 la decisione di imbottigliare il vino prodotto nella contrada “Corvo” dando così il via alla produzione organizzata e al marchio che diventerà famoso nel mondo.
Alla morte di Giuseppe (1844), l'azienda passerà nelle mani del figlio Edoardo – colto e raffinato, di istruzione francese, amico di Dumas, George Sand e Sandeau De Musset – che decide di concentrare la produzione nel territorio di Casteldaccia, che ai tempi era una borgata di Palermo, di proprietà della famiglia del defunto marchese Don Vincenzo Ignazio Abbate di Lungarini.Edoardo decide di competere sul mercato transnazionale, abbassando la gradazione e rendendo il suo vino appetibile per i palati di tutta Europa. Su consiglio dell'enologo di Cavour, Houdart, Edoardo riesce a trovare a Sauternes, in Francia, un enologo disposto a venire a Casteldaccia. Si tratta di monsieur Lagarde, che assume la carica di direttore dell'azienda. Gli affari vanno benissimo, mentre Edoardo – il 15 luglio 1874 – registra il marchio dei vini Corvo.
Il figlio di Edoardo, Giuseppe Francesco Paolo Baldassare Gaspare Alliata, è il primo a vivere gran parte dell'anno a Casteldaccia – mentre i locali delle “fattorie Corvo” si allargano sempre di più.
Morto Giuseppe (1913), gli subentra il figlio Enrico, personalità eclettica, amante dell'agricoltura ma anche appassionato di esoterismo e discipline orientali, che dedica all'azienda Corvo le sue energie migliori. La produzione raggiunge i 100mila pezzi e Enrico è un innovatore che acquista nuovi macchinari e differenzia l'offerta di vini, creando nuovi prodotti e nuove soluzioni. Morto Enrico, nel 1946, la casa vinicola passa a Topazia Alliata, che nel 1961 - dopo numerosi problemi finanziari – firmerà il passaggio della proprietà della casa vinicola Corvo alle aziende pubbliche Sofis e poi all'Espi, grazie all'interessamento di Don Luigi Sturzo, che ci teneva a preservare la tradizione del marchio.

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