Una doverosa precisazione
La ricostruzione dell'omicidio di Andrea Raia che segue è basata esclusivamente sul Rapporto Giudiziario redatto dai Carabinieri di Casteldaccia nei giorni immediatamente successivi al delitto.La ricostruzione della vicenda fatta dall'Arma non è in alcun modo obiettiva, sebbene essa non dica il falso. Tuttavia nella ricostruzione sono omessi e/o trascurati indizi e fatti importanti. Senza questi la vicenda dell'omicidio di Raia appare una questione molto diversa da quella che in realtà è stata.
Quello che mi preme dire è che i documenti, in questo caso quelli scritti, vanno letti e interpretati tenendo ben presente il momento storico in cui essi sono creati. Sradicare i documenti dal proprio contesto storico vuol dire stravolgere la vicenda e darne un'altra versione, che risulta lontana dalla realtà dei fatti.
Nel caso dell'omicidio di Raia è bene ricordare che il momento storico è quello del 1944. In Italia e in Europa è ancora in corso la guerra. La Sicilia, occupata dagli Alleati nel 1943, è tornata, l'11 febbraio del 1944, all'amministrazione italiana, pur sotto l'egida dell'ACC (Commissione alleata di controllo) affidata al britannico Arthur Hancock. Prefetture e forze dell'ordine sono ancora quelle attive prima della caduta del fascismo: funzionari inquadrati nel regime. L'avversione da parte delle prefetture e delle forze alleate contro i comunisti e le loro attività è palese e in molti dei casi di omicidio, avvenuti a danno di sindacalisti e segretari della Camere del lavoro, si verificano depistaggi, e nella quasi totalità dei casi le vittime sono descritte come persone pericolose, mentre degli omicidi è sempre negata la natura politica, additandoli sempre a beghe personali, questioni d'onore e donne, o rivalità tra compagni di sezione.
Se si escludono i casi più noti - mi riferisco a quello di Placido Rizzotto e di Salvatore Carnevale - questi delitti non arrivano mai al dibattimento e si chiudono alla fase istruttoria, proprio a causa dei depistaggi operati nelle indagini e, ovviamente, a causa della paura che gli eventi delittuosi suscitano nelle comunità colpite, costringendo la gente al silenzio.
Questo scenario ha contribuito anche a far perdere la memoria di questi fatti che insanguinarono la Sicilia negli anni '40.
di Pietro Simone Canale
Le Commissioni popolari di controllo erano degli organi, che avevano il
compito di vigilare sulle operazioni di ammasso granario, sulla correttezza
delle istituzioni annonarie e sulla riuscita dei «Granai del Popolo»,
istituiti con decreto del 3 maggio 1944 del ministro dell'agricoltura Fausto
Gullo, «la cui composizione doveva essere concordata dall'alto commissario e
dai prefetti con i Cln e con le associazioni sindacali».[2]
Infatti, dopo lo sbarco, e anche dopo l'11 febbraio 1944 - quando la Sicilia
tornò sotto l'amministrazione italiana - fu mantenuta «la legislazione
vincolistica sui cereali, risalente al 1936»,[3]
che prevedeva «l'ammasso totale della produzione cerealicola (ad eccezione
delle quote spettanti al consumo personale e familiare)».[4] Facevano
parte della Commissione popolare di Casteldaccia: Andrea Raia e Salvatore
Paladino per il Partito Comunista; un certo Virgilio Petronic di Forlì, per il
Partito Repubblicano; e un certo Carmelo Spatafora di Palermo, per il Partito
Democratico Cristiano.[5]
All'ammasso prevedeva un comitato comunale, formato in parte dalla stessa
Giunta municipale, sebbene la legge Gullo prevedesse che fosse presieduto dal
sindaco e composto «dal comandante locale dei carabinieri, da un rappresentante
del clero designato dal vescovo, da due rappresentanti degli agricoltori e da
due rappresentanti scelti fra i lavoratori dell'agricoltura».[6]
Del Comitato casteldaccese facevano, invece, parte il dott. Onofrio Martorana,
sindaco di Casteldaccia; Pietro Lo Monaco, vice-sindaco; Ignazio Di Domenico, commerciante;
Salvatore Serra, impiegato dell'UPSEA (Ufficio Provinciale Statistico ed
Economico dell'Agricoltura); Alfredo Guarrata, impiegato del Consorzio Agrario
Provinciale.[7]
La delicata questione della carenza di generi alimentari a causa della
guerra e l'evidente interesse economico derivante dall'immissione dei generi
di prima necessità nel mercato nero, resero tesi e spesso contrastati i
rapporti tra le Commissioni popolari di controllo e i Comitati comunali: «le
enormi possibilità di profitto connesse alla vendita del frumento sul mercato
nero fecero sì che si creasse un saldo ed esteso fronte di opposizione alle
norme sui 'granai del popolo': i produttori potevano non di rado contare sulla
connivenza di sindaci, ispettori e funzionari responsabili degli ammassi».[8]
I membri del Comitato comunale, che furono ascoltati dai carabinieri, più
che puntare il dito contro le azioni di controllo svolte dai due militanti
comunisti, insistettero nel ribadire - come fece il sindaco Martorana - «che la
nomina del Raia e del Paladino quali facenti parte della Commissione popolare
di controllo non è stata bene accolta né dal pubblico né dall'amministrazione
comunale, per i loro precedenti in quanto era notorio che sia il Raia sia il
Paladino si occupavano di contrabbando, non lavoravano mai e quindi moralmente
non si ritenevano all'altezza di disimpegnare con coscienza e con correttezza
il loro mandato».[9]
In effetti, la fedina penale di Raia non risultava linda.[10] Più
oscura risulta invece la figura del compagno
Paladino. Salvatore Paladino, nato a Bagheria il 2 gennaio 1908, era iscritto
al Partito Comunista ed era stato nominato, insieme al Raia, membro del
Comitato Popolare di Controllo. Nei tre interrogatori svolti presso la stazione
dei carabinieri di Casteldaccia, rispettivamente il 6, il 9 e il 12 agosto, il compagno Paladino, si rivela «niente
affatto preoccupato di tale grave delitto, si rivelava sempre più impassibile
ed insensibile. Se il delitto Raia avesse avuto veramente la veste politica il
Paladino che col Raia divideva in solido le sorti di tale attività, doveva
necessariamente conoscere se non il responsabile materiale e diretto, almeno le
cause che tale delitto determinarono. Ed allora si conclude che se il Paladino
nulla sa o nulla vuol dire segno è che il delitto non è politico o che egli ne
è direttamente o indirettamente compromesso. In ultima analisi la condotta del
Paladino è stata strana sin dal principio e tale fu confermata fino
all'ultimo».[11]
È evidente che la presenza del Raia e la sua attività zelante in favore
dei «Granai del popolo», quale membro del comitato popolare di controllo,
nuocesse alle attività comunali e fosse ritenuta scomoda la presenza del
comunista alle riunioni che si svolgevano in Comune. Le continue liti tra i
comunisti e i membri del Comitato rischiarono di sfociare in rissa, come il duro
scontro avvenuto in una riunione a casa del dottore Chirone, nel luglio del 1944
con tutti i produttori di grano «per invogliar[e] ad ammassare il grano»,[12]
in cui un certo Francesco Montesanto, agricoltore, pretendeva che non fosse
data parola al Raia, perché un contrabbandiere non poteva controllare i
produttori di grano e l'ammasso.[13]
Ignazio Di Domenico, iscritto al Partito Comunista e membro del Comitato
Comunale per l'ammasso, accusava il Paladino di «azioni vessatorie nei riguardi
dei produttori».[14] Lo stesso Di Domenico,
compagno di sezione, aveva rivolto le sue lamentele per la nomina del Paladino
e del Raia alla «direzione del Partito Comunista parlando a certo Zangari e
Travia e Mistretta».[15]
I rapporti tesi tra il comunista Raia, il compagno Paladino e il Comitato Comunale emergono evidenti da una
dura lettera che i due comunisti scrissero al Comitato Provinciale di
Controllo. La lettera era stata scritta qualche giorno prima dell'uccisione del
Raia e attaccava duramente il Comitato Comunale e l'impiegato Serra.
Spettabile Comitato Popolare Provinciale di Controllo per i
«Granai del Popolo»
I sottoscritti, della Commissione Comunale di Controllo di
Casteldaccia, espongono quanto appresso:
Domenica 16 luglio su invito del Sindaco questa commissione ha
partecipato ad una riunione in seno al
Comune per discutere su argomenti di nostra competenza.
La proposta del Sindaco circa la consegna dello spolvero del
2% da parte dei mugnai ai Comuni, avendo i mugnai chie[sto la] proroga di pochi
giorni per interpellare il proprio sindaco della proroga è stata concessa.
L'addetto agli accertamenti agricoli sottopone al giudizio
delle due commissioni riunite una controversia con l'agricoltore Manzella, a
questo punto il nostro collega Paladino ha fatto notare che di queste
controversie se ne verificheranno tante quanto saranno le denunzie di produzione
in quanto il controllo alle trebbie è incominciato un mese dopo l'inizio della
trebbiatura e lo stesso controllo come avviene in atto non da nessuno
affidamento non per negligenza della forza pubblica addetta a tale controllo ma
per i molteplici motivi che riguarda questo sistema; pertanto, tenendo conto
della bonomia dei contadini di Casteldaccia, del loro senso di comprensione,
dell'atmosfera di libertà creata dai tempi nuovi è da ritenere che invitando i
contadini a presentarsi volta per volta e ad esporre caso per caso la quantità
di grano prodotto largheggiando nelle concessioni si otterrebbe molto di più
che di agire con mezzi coercitivi e vessatorii anche perché Casteldaccia può
dare poco grano.
Le commissioni hanno approvato all'unanimità questo metodo di
controllo ed hanno rimandato il caso Manzella da decidersi quando verrà il suo
turno.
Conformemente a questo sistema di controllo per dare
impressione ai contadini l'impressione, il senso delle buone intenzioni che
animano questi comitati anche al fine di sfamare [***] le classi più derelitte
che in questo periodo sono dediti alla spigolatura, spighe che andrebbero
perdute se [l]oro non le raccogliessero propose ancora il collega Paladino di
consentire un limitato numero di buoni di macinazione (massimo 5 kg) da
rilasciare alle spigolatrici. Il collega Petronici aggiunge che al fine di
giustificare il signor sindaco per questa autodecisione contrariamente alle
disposizioni ricevute si ritirerebbe un tagliando della carta [***] «pane» per
ogni 500 grammi di grano da molire. È stato approvato all'unanimità 4° S'è
discusso circa la necessità di intensificare il servizio di vigilanza
all'uscita del paese per reprimere o limitare l'esodo del grano.
Al termine della seduta, il signor sindaco, non mettendo in
dubbia l'autenticità del nostro mandato ha però richiesto che gli si facesse
per iscritto la comunicazione delle nostra nomina per riconoscerci de jure e de
facto non riconoscendoci fino a tale comunicazione alcuna funzione
rammaricandosi di non aver richiesto al presidente del Comitato Popolare
Provinciale di Controllo della autorizzazione.
Situazione del Comune di Casteldaccia
Alla venuta degli Alleati come in tutti i comuni sono stati
nominati sindaci e funzionari separatisti ed affini esclusi i partiti di
sinistra. Sindaco di Casteldaccia fu nominato Onofrio Martorana cognato
dell'illustrissimo Sovraintendente Di Piazza. Di Piazza mangiava nella
mangiatoia del Consorzio Provinciale, il cognato con le ramificazioni di
parentela ed amicizia nella mangiatoia comunale.
Circa un mese fa, in previsione degli ammassi granari siccome
la cittadinanza fu testimonio dei numerosi fatti di fertilizzanti che
affluirono in casa del sindaco e componenti mentre i contadini non ebbero
fertilizzanti e chi si e chi no 3, 5, 7 kg per non affrontare la situazione il
sindaco si è dimesso.
In attesa della nomina di nuovo sindaco lo sostituisce
l'assessore più anziano Lo Monaco. Quindi appartiene alla cricca che ha
mangiato nella mangiatoia comunale. A sostenere pubblicamente con tutti i mezzi
legali e illegali onesti e svergognati c'è suo nipote Ignazio Di Domenico.
Depose della carica pubblica di Casteldaccia e a quanto pare
fu lui che ritirò i 14 quintali di grano per semina nel mese di novembre e che
voi cercate. Il sindaco, sotto la guida del nipote ha commesso in questo
periodo di sostituzione tante di quelle ingiustizie al punto che gli altri
assessori non si sono rischiati a mettere piede in Municipio per non
compromettersi con quanto fa l'assessore Lo Monaco. Azioni che gli hanno
causato dei danneggiamenti in campagna di conoscenza dei carabinieri.
Ora è naturale che vivendo e sperperando la cosa pubblica in
famiglia senza occhi indiscreti d'accordo con l'ammassatore e con l'addetto
agli accertamenti agricoli non si può facilmente tollerare una commissione di
controllo composta sul nostro tipo che non è disposta ne a mangiare nella
pubblica mangiatoia ne di permettere che vi mangino più loro. Ed allora tutto è
utile, necessario e indispensabile pur di raggiungere il fine, cioè il nostro
allontanamento o la sostituzione con elementi più tolleranti.
Lunedì sera, il compagno Paladino, rincasando sentì che il
nominato Di Domenico in compagnia di alcuni amici spiegava loro che l'azione
dei vigilanti del Popolo è un atto
vessatorio, continuano a fare politica disfattista. Il Paladino lo rimproverò
in quanto il Di Domenico parla tra l'altro del comitato di propaganda
presieduto dal sindaco, la discussione generò e si venne a colluttazione.
L'indomani il sindaco e il nipote Di Domenico si precipitarono dall'addetto
agli accertamenti agricoli diffidandolo che nel compilare il verbale della
seduta di domenica di mettere che lui non accettò nessuna proposta. Il Di
Domenico continuò a minacciare il compagno Paladino. Furono messe in giro delle
calunnie le più delittuose, come per esempio che il Paladino ha intenzioni di
perquisire le case così per creare un timore e secondo le loro intenzioni un
tumulto e a tal fine furono chiamati un camion di carabinieri che trovarono il
paese il più pacifico del mondo avvelenato solamente dalle più insane e stupide
calunnie. Ci ha chiamato il maresciallo dei carabinieri per reg[***] non
sappiamo che, non avendo fatto altro che partecipare alla riunione comunale
dove si è discusso quanto in principio. Solamente il nostro collega Spadafora
si era ieri recato ad una trebbia ed aveva chiesto al brigadiere (o al
trebbiatore) di fargli vedere una bolletta di transito. Questi i fatti secondo
la più scrupolosa verità.
Chiediamo giustizia, diversamente presentiamo le dimissioni.
Con osservanza
Paladino Salvatore
Raia Andrea
Casteldaccia
19-luglio-1944
P.S. A conferma della complicità del Segretario Serra, capo
zona agli accertamenti agricoli, con le nominate persone, complicità in losche
complicazioni per cui si cerca di eliminare dei sorveglianti specialmente in
questo periodo il più adatto ai loro fini, basterebbe il fatto che senza essere
interrogato non appena fummo a confronto col Maresciallo dei Carabinieri, col
Brigadiere locale non essendoci alcuna cosa da rimproverare o da imputare
secondo le loro macchinazioni il Serra ebbe a dire che persone componenti il
nostro Comitato non sono adatte allo scopo e che mentre tutto andava bene prima
di noi da quando è avvenuta la nostra nomina tutto va male.
Per ultimo, ieri sera circa le ore 21 fino a tarda ora è stata
indetta una riunione al Comune senza che alcuno di noi sia stato invitato.
Paladino
Salvatore e Raia Andrea[16]
Nella lettera vi erano accuse forti contro il Comitato Comunale e
soprattutto contro Onofrio Martorana, Pietro Lo Monaco e Ignazio Di Domenico,
rei di avere approfittato e fatto incetta dei rifornimenti e dei generi
destinati alla comunità (nella lettera si fa riferimento a dei fertilizzanti).
Un'accusa era anche rivolta a Salvatore Serra, addetto all'ammasso del grano e
segretario del Comitato Comunale, per essere in combutta con il Lo Monaco. Un
attacco politico è rivolto ai separatisti, i quali ricoprivano importanti ruoli
nelle amministrazioni dopo l'arrivo degli Alleati. Ed appare strano il tono del
comizio di Finocchiaro Aprile (leader del Movimento Separatista), tenutosi a
Bagheria il 6 agosto del 1944, in cui parlò «a favore della campagna dei
'Granai del popolo'»[17]
nonostante la posizione anticomunista del MIS e fortemente contraria
all'ammasso granario.
A essere indagati per l'omicidio di Raia sono tuttavia, i due fratelli
Tomasello, Onofrio e Francesco, pluripregiudicati e noti alle forze dell'ordine
come «esponenti dell'alta maffia locale».[18]
A spostare l'attenzione sui due furono le parole della madre di Raia,
Rosalia Tomasello, che dichiara nel verbale di interrogatorio del 9 agosto
1944, di aver visto i due Tomasello
[...] pochi minuti
dopo che mio figlio Andrea era caduto a terra davanti alla porta siccome
colpito da una fucilata, [...] di cui Onofrio è rimasto davanti alla porta,
mentre il fratello Ciccio è entrato in casa. Nessuno dei due mi ha salutato né
mi ha chiesto che cosa era accaduto. Non mi sembrarono affatto impressionati
anzi abbastanza cinici. Erano appena giunti che il Tomasello Francesco rivolto
al fratello Onofrio disse: 'È morto possiamo andare'. Infatti si allontanarono
in direzione di casa loro e precisamente in direzione della piazza.[19]
Aggiunge inoltre, che
[...] Francesco
rivoltosi a me in tono sommesso mi ha detto: 'Perché non lo levate non vedete
che è morto?'. Con le famiglie dei fratelli Tomasello non abbiamo mai tenuto
buoni rapporti nonostante fossimo lontani parenti. Ci siamo però scambiati il
saluto. I fratelli Tomasello non furono notati in corteo funebre in onore di
mio figlio, a cui partecipò una imponente e larga rappresentanza di popolo.
Tutto il paese è venuto a farmi visita. Solo le famiglie Tomasello non si
degnarono farlo. I fratelli Tomasello non manifestano nessuna idea politica, ma
facevano credere a mio figlio che fossero comunisti come lui, onde carpirgli
nella buona fede notizie che potevano interessarli. È accertato che più volte
essi gli sono andati incontro. Io con i miei occhi ho visto due volte mio
figlio insieme ai Tomasello, a Di Domenico ed altre persone del Comune e
conoscendo la loro capacità a delinquere ho detto per ben dire due volte a mio
figlio le seguenti parole: 'La madre non voglio che tu frequenti questa
compagnia'. Egli più che convinto mi rispose: io lo so purtroppo che debbo
morire tra le loro mani'. Sono più che convinta che mio figlio è stato
assassinato ad opera dei fratelli Tomasello a causa della sua condizione di
membro del Comitato Popolare di Controllo, la cui attività era d'intralcio a
quella dei Tomasello che assieme ad altri elementi del Comune hanno sempre
sperperato ai danni dell'amministrazione comunale o della povera gente.[20]
Al momento della convocazione in caserma dei due fratelli Tomasello, si
presentò soltanto Onofrio, mentre Francesco risulta irreperibile.
A scagionare i due nel processo furono l'insufficienza di prove e le
innumerevoli deposizioni a favore dei fratelli Tomasello, che garantirono ai
due un alibi di ferro. Infatti, il 2 luglio del 1945, i fratelli Tomasello furono
pertanto assolti per non aver commesso il fatto. Tuttavia nel rapporto
giudiziario dell'Arma, per i carabinieri «a spingere i Tomasello ad assassinare
Raia erano state 'ragioni di dominio' e la paura che Raia potesse danneggiarli
nei loro traffici con il grano, oltre a farne emergere il coinvolgimento
diretto del saccheggio del mulino Piraino di Casteldaccia. Per gli inquirenti i
fratelli Tomasello non erano però gli unici cui avrebbe fatto comodo mettere a
tacere Raia: i Tomasello 'patrocinavano la causa del Comitato Comunale', i cui
componenti più volte si erano 'malamente pronunziati all'indirizzo del Raia';
'tutti - concludeva il verbale d'indagine - temevano dal Raia una azione di
controllo spietata nei confronti del passato recente e lontano', tanto da decretarne
l'eliminazione».[21]
«Un supplemento di indagini sull'omicidio avvenuto il 5 agosto fu
richiesto dallo stesso Togliatti. Ne risultò l'isolamento nel quale i comunisti
conducevano a Casteldaccia la battaglia per gli ammassi».[22]
«Negli anni '60, il Pci si fece promotore di una iniziativa legislativa
finalizzata alla 'concessione di un assegno vitalizio alle famiglie di
dirigenti sindacali e politici uccisi dalla mafia nella lotta per il lavoro, la
libertà e il progresso della Sicilia'. [...] Il 20 aprile 1966 venne presentato
un disegno di legge il cui primo firmatario era Feliciano Rossitto.
Sottoscrissero il disegno 31 deputati, anche perché al gruppo del Pci si
unirono alcuni parlamentari del Psi e della Dc».[23]
Tuttavia l'iter della legge fu tormentato, infatti dopo essere stata approvata
dall'Assemblea Regionale, fu dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale.
Soltanto il 13 settembre 1999, entrarono in vigore le «nuove norme in materia
di interventi contro la mafia e di misure di solidarietà in favore delle
vittime della mafia e dei loro familiari».[24]
A Palermo, una sezione del Partito Comunista fu intitolata ad Andrea
Raia.
Le circostanze, le cause e il movente dell'omicidio non emergono dalle
carte di un tribunale. Non fu chiaro allora per il giudice, perché come in
molte cose siciliane, prevalse il senso dell'omertà, il senso dell'«io non
sapevo», «io niente posso fornire di utile alle indagini». Come in molte cose
siciliane, fu lasciato a una madre che piange tra le braccia il figlio morto,
l'onere di gridare e chiedere giustizia.
«Solo un anno dopo lo sbarco alleato, Raia era la prima vittima di quella
violenta e sanguinosa battaglia che, in nome del progresso sociale e
dell'emancipazione delle masse contadine dell'isola, avrebbe visto per un
ventennio cadere politici e sindacalisti sotto i colpi di un potente e coeso
blocco sociale violento e reazionario sostenuto dalla mafia; battaglia di cui
la strage di Portella della Ginestra avrebbe rappresentato uno dei momenti più
drammatici».[25]
Riferimenti bibliografici: S. Di Matteo,
Cronache di un quinquennio. Anni roventi.
La Sicilia dal 1943 al 1947, Palermo, G. Denaro, 1963; S. M. Finocchiaro, Il Partito comunista e gli ammassi granari 1944-1947. Questione
alimentare, ordine pubblico e unità antifascista, in Momenti e problemi di storia politica in Sicilia 1944-1953,
Palermo, Istituto Poligrafico Europeo, 2011; Id.,
Il Partito comunista nella Sicilia del
dopoguerra (1943-1948). Conflitto sociale, organizzazione e propaganda tra
collaborazione antifascista e guerra fredda, prefazione di Rosario
Mangiameli, Caltanissetta-Roma, Salvatore Sciascia Editore, 2009; S. Lupo, Storia della mafia. Dalle origini ai giorni nostri, Roma, Donzelli,
2004; R. Mangiameli, La regione in guerra (1943-50), in Storia d'Italia. Le regioni dall'Unità a
oggi. La Sicilia, a cura di Maurice Aymard e Giuseppe Giarrizzo, Torino,
Einaudi, 1987; M. Patti, La Sicilia e gli Alleati. Tra occupazione e
Liberazione, prefazione di Salvatore Lupo, Roma, Donzelli, 2013; Placido Rizzotto e altri caduti per la
libertà contro la mafia, a cura di Michele Figurelli, Linda Pantano, Enza
Sgrò, Palermo, Istituto Gramsci Siciliano, 2012; F. Renda, Storia della
Sicilia dal 1860 al 1970, Palermo, Sellerio, 1987, vol. 3; U. Santino, Storia del movimento antimafia. Dalla lotta di classe all'impegno
civile, Roma, Editori Riuniti, 2009.
Link correlati:
da Unità.it
da casarrubea.wordpress.com
un racconto di Antonio Mineo su Andrea Raia sul blog letterario Apertura a Strappo
un racconto di Antonio Mineo su Andrea Raia sul blog letterario Apertura a Strappo
[1]
Archivio dell'Istituto Gramsci Siciliano (d'ora in poi AIGS), Fondo Riela
(d'ora in poi FR), b. «Uccisione di Andrea Raia», Casteldaccia 10 settembre
1944, Rapporto giudiziario circa
l'omicidio di premeditato e consumato in persona di Andrea Raia.
[2] S. M. Finocchiaro, Il Partito comunista e gli ammassi granari 1944-1947. Questione
alimentare, ordine pubblico e unità antifascista, in Momenti e problemi di storia politica in Sicilia 1944-1953,
Palermo, Istituto Poligrafico Europeo, 2011, p. 22.
[3] Ivi, p. 13.
[4] Ivi, p. 22.
[5]
AIGS, FR, b. «Uccisione di Andrea Raia», Casteldaccia 10 settembre 1944, Rapporto giudiziario circa l'omicidio di
premeditato e consumato in persona di Andrea Raia.
[6] M.
Patti, La Sicilia e gli alleati. Tra occupazione e Liberazione, prefazione
di S. Lupo, Roma, Donzelli, 2013, p. 151.
[7]
AIGS, FR, b. «Uccisione di Andrea Raia», Casteldaccia 10 settembre 1944, Rapporto giudiziario circa l'omicidio di
premeditato e consumato in persona di Andrea Raia.
[8] M.
Patti, La Sicilia e gli alleati, cit. p. 149.
[9]
AIGS, FR, b. «Uccisione di Andrea Raia», Casteldaccia 10 settembre 1944, Rapporto giudiziario circa l'omicidio di
premeditato e consumato in persona di Andrea Raia, allegato n. 20.
[10]
«A carico suo figuravano i seguenti precedenti penali: "Il giorno 11
ottobre 1923 con Verbale N.21 dell'Arma di Casteldaccia venne arrestato per
simulazione di reato. (Furto). Con sentenza 7 novembre 1923 della pretura di
Bagheria fu dichiarato non doversi procedere a carico di Raia Andrea e Gaetano
per non aver commesso reato. Con sentenza dell'11 maggio del 1929 del Pretore
di Bagheria condannato a 5 giorni di arresti e lire 1000 di ammenda (pena
sospesa per anni 5) per contravvenzione all'art. 54 Legge di P.S. 13 3 1942
dall'Arma di Marianopoli venne denunciato per contrabbando di grano. Con
Verbale N. 66 in data 12 9 1942 denunciato dall'Arma di Casteldaccia per
violazione all'art. 12 Legge 8 7 1941 N. 645. 4 11 1942 Tribunale di Palermo
quest'ultimo reato condanna a mesi 6 di reclusione e L.4 Mila di multa. "
Questi precedenti, sia pure di portata limitata, rilevano la figura criminale e
contrabbandiera del Raia, a tutti nota in Casteldaccia, ove era diventato
popolarissimo, specie per il suo carattere» (AIGS, FR, b. «Uccisione di Andrea
Raia», Casteldaccia 10 settembre 1944, Rapporto
giudiziario circa l'omicidio di premeditato e consumato in persona di Andrea
Raia).
[11]
AIGS, FR, b. «Uccisione di Andrea Raia», Casteldaccia 10 settembre 1944, Rapporto giudiziario circa l'omicidio di
premeditato e consumato in persona di Andrea Raia.
[12]
AIGS, FR, b. «Uccisione di Andrea Raia», Casteldaccia 10 settembre 1944, Rapporto giudiziario circa l'omicidio di
premeditato e consumato in persona di Andrea Raia, allegato n. 19.
[13] Ibid.
[14] Ivi, allegato n. 21.
[15] Ibid.
[16] Ivi, allegato n. 24.
[17] F. Renda, Storia della Sicilia dal 1860 al 1970, Palermo, Sellerio, 1987,
vol. 3, p. 139.
[18] Richieste di certificato penale Tribunale di Palermo
Ufficio d'Istruzione dei processi penali del 24 novembre 1944:
Tomasello Francesco - 11/9/1902 Tribunale Palermo
reclusione 15 mesi per lesioni pena ridotta ad un anno; 19/9/1919 Sezione
Accusa Palermo non luogo a procedere insufficienti prove per omicidio due
volte; 2/9/1922 Sezione Accusa Palermo non luogo a procedere insufficienti
prove per 4 omicidi; 19/6/1928 Sezione Accusa Palermo non luogo a procedere
insufficiente prove per 4 estorsioni, rapina, estorsione, furto, 6 ricettazioni
e 11 omicidi; 8/6/1931 Corte Appello di Palermo reclusioni anni 3 vig. speciale
P.S. anni 2 per associazione a delinquere condonata; 11/4/1934 Pretore Bagheria
ammenda L. 250 per contravv. lavoro.
Tomasello Onofrio - 19/6/1928 Sezione Accusa Palermo
non luogo a procedere insufficienti prove per 5 omicidi; 2/6/1931 Corte
d'Appello di Palermo reclusione anni 3 e vig. spec. P.S. anni 2 per
associazioni a delinquere revocata libertà vigilata (AIGS, FR, b. «Uccisione di
Andrea Raia», Casteldaccia 10 settembre 1944, Rapporto giudiziario circa l'omicidio di premeditato e consumato in
persona di Andrea Raia).
[19] Ivi, allegato n. 10.
[20] Ibid.
[21]
M. Patti, La Sicilia e gli alleati, cit. p. 153. Patti cita AIGS, FR, b.
«Uccisione di Andrea Raia», Casteldaccia 10 settembre 1944, Rapporto giudiziario circa l'omicidio di
premeditato e consumato in persona di Andrea Raia.
[22] R. Mangiameli, La regione in guerra (1943-50), in Storia d'Italia. Le regioni dall'Unità a oggi. La Sicilia, a cura
di Maurice Aymard e Giuseppe Giarrizzo, Torino, Einaudi, 1987, p. 548.
[23] Placido Rizzotto e altri caduti per la
libertà contro la mafia, a cura di M. Figurelli-L. Pantano-V. Sgrò,
Palermo, Istituto Gramsci Siciliano, 2012, pp. 13-14.
[24] Ivi, p. 16.
[25]
M. Patti, La Sicilia e gli alleati, cit. p. 154.
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