mercoledì 26 marzo 2014

L'omicidio di Andrea Raia e i «Granai del popolo»: tra indagini poco accurate e depistaggi

Una doverosa precisazione

La ricostruzione dell'omicidio di Andrea Raia che segue è basata esclusivamente sul Rapporto Giudiziario redatto dai Carabinieri di Casteldaccia nei giorni immediatamente successivi al delitto.
La ricostruzione della vicenda fatta dall'Arma non è in alcun modo obiettiva, sebbene essa non dica il falso. Tuttavia nella ricostruzione sono omessi e/o trascurati indizi e fatti importanti. Senza questi la vicenda dell'omicidio di Raia appare una questione molto diversa da quella che in realtà è stata.
Quello che mi preme dire è che i documenti, in questo caso quelli scritti, vanno letti e interpretati tenendo ben presente il momento storico in cui essi sono creati. Sradicare i documenti dal proprio contesto storico vuol dire stravolgere la vicenda e darne un'altra versione, che risulta lontana dalla realtà dei fatti.
Nel caso dell'omicidio di Raia è bene ricordare che il momento storico è quello del 1944. In Italia e in Europa è ancora in corso la guerra. La Sicilia, occupata dagli Alleati nel 1943, è tornata, l'11 febbraio del 1944, all'amministrazione italiana, pur sotto l'egida dell'ACC (Commissione alleata di controllo) affidata al britannico Arthur Hancock. Prefetture e forze dell'ordine sono ancora quelle attive prima della caduta del fascismo: funzionari inquadrati nel regime. L'avversione da parte delle prefetture e delle forze alleate contro i comunisti e le loro attività è palese e in molti dei casi di omicidio, avvenuti a danno di sindacalisti e segretari della Camere del lavoro, si verificano depistaggi, e nella quasi totalità dei casi le vittime sono descritte come persone pericolose, mentre degli omicidi è sempre negata la natura politica, additandoli sempre a beghe personali, questioni d'onore e donne, o rivalità tra compagni di sezione.
Se si escludono i casi più noti - mi riferisco a quello di Placido Rizzotto e di Salvatore Carnevale - questi delitti non arrivano mai al dibattimento e si chiudono alla fase istruttoria, proprio a causa dei depistaggi operati nelle indagini e, ovviamente, a causa della paura che gli eventi delittuosi suscitano nelle comunità colpite, costringendo la gente al silenzio.
Questo scenario ha contribuito anche a far perdere la memoria di questi fatti che insanguinarono la Sicilia negli anni '40.

di Pietro Simone Canale

Il 5 agosto del 1944, poco prima della mezzanotte, Andrea Raia, veniva ucciso a Casteldaccia, sulla soglia della propria abitazione, in via Butera n. 5. 
La morte fu istantanea in seguito a un'emorragia causata da quattro colpi di fucile sparati alla schiena da due sconosciuti. Sul posto accorsero i carabinieri e il dottor Giovanni Romano, il quale ne dichiarò il decesso.[1] Fu adibito subito un letto nel pian terreno dell'abitazione per accogliere il corpo esanime. Le strade erano buie e degli assassini non vi era traccia: avevano, sicuramente, avuto facile via di fuga per la strada del Vallone, la strada che collega Casteldaccia a Bagheria. Andrea Raia era nato a Casteldaccia il 7 dicembre del 1906 da Gaetano e Rosalia Tomasello. Era sposato con Santa Canale, dalla quale aveva avuto tre figli: Gaetano, Anna e Santa. Viveva con la famiglia e la madre vedova. Era iscritto al Partito Comunista Italiano, allora unico partito di cui era presente una sezione a Casteldaccia. Per questa sua militanza era stato designato per far parte della Commissione popolare di controllo per i Granai del Popolo.
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