Il Piave mormorava calmo e placido al passaggio dei primi fanti il 24 maggio...
La guerra del 1914-1918 fu la prima guerra mondiale e di massa nella storia dell'umanità. L'industria metteva in campo nuovi modi per uccidere e recare distruzione.
Le cause dello scoppio della guerra sono varie e molteplici. Revanscismo, strascichi di Risorgimento, il completamento dell'unità d'Italia con l'annessione del Triveneto, tensioni sociali, fermenti di nazionalismo e socialismo, operai che vedevano nel futuro la Rivoluzione e nella guerra la possibilità di innescarla. Nel sacrificio insensato e nella visione di una guerra "purificatrice", le speranze del riscatto sociale. E anche i poeti cantarono e invocarono la guerra.
Il 24 giugno 1914 Gavrilo Princip uccideva a Sarajevo l'arciduca Francesco Ferdinando d'Asburgo, erede al trono dell'Impero Austro-ungarico. Era il pretesto che si attendeva per dar fuoco alle polveri.
L'Austria doveva dare una lezione ai terroristi serbi. La Russia interveniva come alta protettrice dei fratelli slavi. La Francia, legata alla Russia per il contenimento dell'Austria. La Gran Bretagna interessata ancora una volta ad arginare il crescere di qualunque potenza capace di bilanciare sul continente il suo dominio sui mari. La Germania voleva solo rompere l'assedio che le stringono tutt'attorno gli altri, impedendole di crescere in potenza secondo natura.
L'Italia guidata da Salandra non ritiene di dovere entrare in guerra al fianco dell'Austria-Ungheria, con la quale è alleata insieme con la Germania (Triplice Alleanza).
Nel 1915 qualcosa cambia. Spingono le forze politiche e sociali che chiedono l'intervento nella guerra. Il 26 aprile 1915 il Patto di Londra impegna l'Italia a entrare in guerra al fianco della Triplice Intesa (Francia, Gran Bretagna, Russia) contro i vecchi alleati della Triplice Alleanza.
I socialisti si spaccavano per le diverse posizioni interne: interventisti e pacifisti. Il Mussolini socialista veniva cacciato dal partito per le sue posizioni interventiste. Nazionalismo ed elementi di una certa idea di socialismo misero da parte il pacifismo e l'internazionalismo, condannando uomini, in gran parte contadini, a sacrificarsi per qualche metro quadrato di terra.
Il 27 agosto 1916 l'Italia dichiara guerra alla Germania. Il conflitto già duro e sanguinoso acquisisce tratti ancora più drammatici. Le sorti della guerra per l'Italia sono controverse, l'idea della guerra lampo lascia spazio a un conflitto lungo e apparentemente senza esito. La trincea diventa il simbolo di questa guerra, dove gli italiani, provenienti da tutte le province e in gran parte contadini, si trovano per la prima volta a contatto con la vera unificazione italiana. La trincea in cui i dialetti lasciano spazio all'italiano per comunicare con il commilitone. Il siciliano conosce il veneto, il molisano il lombardo, il napoletano il toscano, il sardo il pugliese. Nel sangue il senso di una bandiera.
Il 24 ottobre 1917 il momento più tragico: la sconfitta di Caporetto. Una disfatta, un trauma collettivo, che fa del nome «Caporetto» un'espressione di uso comune per indicare il disastro, la sconfitta, la disfatta. Viene messo in accusa lo stato maggiore dell'esercito. Cadorna viene sostituito da Diaz. Diaz promette la terra ai contadini.
Nel 1918 le sorti della guerra mutano anche per l'Italia. L'aiuto degli Stati Uniti all'Intesa si rivelerà decisivo. La linea del Piave, del Grappa e del Montello rappresentano la reazione psicologica all'idea della sconfitta: viene fermata l'avanzata austriaca.
Tra il 3 e il 4 novembre 1918 l'Austria firma l'armistizio. L'11 novembre firma l'armistizio anche la Germania. La guerra era finita.
Vittoria mutilata e tensioni sociali crescenti, insieme con uno status psicologico di una nazione mutato, scosso, intriso di paura e di violenza. Un terreno fertile per il fascismo che verrà negli anni '20.
13 milioni le vittime complessive in Europa. 2 milioni per Germania e 2 milioni per la Russia. 1 350 000 per la Francia. 700 000 per l'Italia e un numero incalcolabile di feriti, mutilati e invalidi.
Cent'anni dopo un'Italia e un'Europa diversa ricorda i cento anni di quel giorno infausto, che portò l'Italia a entrare in una guerra sciagurata e insensata. Ricordare, non celebrare. Ricordare le vittime, i caduti, i giovani che furono costretti a partecipare alla guerra e anche quelli che andarono in guerra convinti di compiere un atto giusto verso la Patria, necessario.
Casteldaccia, come ogni città e paese d'Italia, versò il suo contributo di vite umane.
Caduti casteldaccesi nella Grande Guerra (1915-1918):
Amato Michelangelo
Benincasa Domenico
Binanti Salvatore
Blandino Giuseppe
Bucalo Pietro
Buglio Benedetto
Buttitta Giuseppe
Caeto Salvatore
Calì Francesco
Calì Onofrio
Calò Matteo
Canale Francesco
Canale Giuseppe
Canale Lorenzo
Canale Pietro
Carbone Giuseppe
Carbone Onofrio
Corrao Pietro
Colletta Ignazio
Coniglio Francesco
Di Falco Lorenzo
Di Martino Ignazio
Di Salvo Fedele
Di Salvo Mariano
Di Tusa Rosolino
Fiorentino Nunzio
Fricano Bernardo
Fricano Francesco
Fricano Giovanni
Fricano Pietro
Fricano Salvatore
Geraci Salvatore
Guttilla Giovanni
Guzzo Gaetano
Ingenio Giovanni
La Susa Filippo
La Susa Salvatore
La Spesa Antonino
Liga Antonino
Magro Antonino
Magro Giovanni
Mancuso Andrea
Marrone Lorenzo
Martorana Francesco
Martorana Pietro
Martorana Raimondo
Martorana Salvatore
Minneci Vincenzo
Modica Giuseppe
Montesanto Giuseppe
Orifici Giuseppe
Orifici Salvatore
Orlando Carlo
Panno Giacomo
Panno Pietro
Panno Salvatore
Panno Salvatore
Panno Vincenzo
Piraino Vincenzo
Pravatà Domenico
Puccio Giuseppe
Raia Giovanni
Ribaudo Giuseppe
Ribaudo Giuseppe
Sapienza Gaetano
Todaro Rosario.
Per saperne di più: Bruna Bianchi, Crescere in tempo di guerra, Venezia, Cafoscarina, 1995; Anna Bravo (a cura di), Donne e uomini nelle guerre mondiali, Roma-Bari, Laterza, 2008; Angelo D'Orsi, 1917. L'anno della rivoluzione, Roma-Bari, Laterza, 2016; Lucio Fabi, Gente di trincea. La Grande Guerra sul Carso e sull'Isonzo, Milano, Mursia, 1997; Paul Fussell, La grande guerra e la memoria moderna, Bologna, Il Mulino, 2014; Antonio Gibelli, L'officina della guerra. La grande guerra e le trasformazioni del mondo mentale, Torino, Bollati Boringheri, 2009; Mario Isnenghi, Convertirsi alla guerra. Liquidazioni, mobilitazioni, abiure nell'Italia tra il 1914 e il 1918, Roma, Donzelli, 2015; Id. Il mito della grande guerra, Bologna, Il Mulino, 2002; Id., La prima guerra mondiale, in Storia Contemporanea, Roma, Donzelli, 1997, pp. 321-344; Giovanna Procacci, Soldati e prigionieri italiani nella grande guerra, Torino, Bollati Boringheri, 2000; Elena Riccio-Carlo Verri, Siciliani al fronte. Lettere dalla Grande Guerra, Palermo, Istituto Poligrafico Europeo, 2017; Gian Enrico Rusconi, 1914. Attacco a Occidente, Bologna, Il Mulino, 2014.
Link correlati:
da MarxVentuno, Luciano Canfora a proposito della Prima Guerra Mondiale, a cura di Aris Della Fontana
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