Giorgio D'Amato, L'estate che sparavano, Messina, Mesogea, 2012, 144 pp., (Petrolio, 5), ISBN 9788846921161.
Il romanzo L'estate che sparavano ricostruisce i mesi di fuoco in cui il nome di Casteldaccia rimbalzò sui giornali di tutta italia come uno dei vertici del famigerato “triangolo della morte”, insieme a Bagheria ed Altavilla Milicia. L'autore, Giorgio D'Amato, che in quegli anni lavorava in un bar di Casteldaccia, ha ricostruito quel periodo anche con l'ausilio di testimonianze dirette – come soggetti coinvolti a più livelli in quelle dinamiche mafiose - oltre ad un approfondito lavoro di documentazione su fonti pubblicistiche, giornalistiche ed atti processuali.
Così la presentazione del libro:
Il 3 agosto 1982 a Casteldaccia viene ucciso il cognato del boss Filippo Marchese, uno dei più sanguinari uomini di Cosa Nostra. Nell’arco di 8 giorni moriranno 15 persone. A ricostruire i delitti e dare un profilo chiaro dei killer e delle vittime è un narratore insolito, un ragazzino di sedici anni, che mischia al lucido racconto degli eventi storici le esperienze di vita quotidiana, la cultura cinematografica e quella letteraria, ma soprattutto lo stretto legame che lo lega al suo amico Antonio. Con un registro preciso ma semplice, l’autore racconta una giovane generazione che vive anni di modernizzazione consumistica, in cui però non tutti sono estranei alle sollecitazioni culturali e ai sogni ribelli dei due decenni precedenti, nonostante il pressante contesto ad alta concentrazione mafiosa.