lunedì 26 gennaio 2015

Giorno della Memoria: i Casteldaccesi nei campi di concentramento

di Pietro Simone Canale

«Fino all'8 settembre del 1943, l’Italia fascista e la Germania nazista erano alleate, [...] ma, dopo l’armistizio firmato da Badoglio con gli anglo-americani e dopo la costituzione, nel nord della penisola, della Repubblica di Salò guidata da Mussolini, per i nazisti l’Italia era un paese nemico e, in più, traditore. 
Iniziò allora, dal territorio della Repubblica di Salò, la deportazione degli italiani, favorita dalla collaborazione fra la Milizia fascista e le SS. 
A [settanta] anni dalla fine della guerra, ancora non è possibile stabilire con certezza l’identità ed il numero degli italiani che furono deportati nei campi di sterminio e di annientamento nazisti. La stima più accreditata fissa in circa 44.000 il numero di italiani che furono rinchiusi nelle centinaia di lager, di cui il regime hitleriano aveva costellato l’Europa invasa.
Dei deportati italiani, almeno 8.600 furono gli ebrei e circa 30.000 i partigiani, gli antifascisti e i lavoratori (questi ultimi arrestati in gran parte dopo gli scioperi del marzo 1944)»,[1] a cui si aggiungono circa 650.000 IMI o carcerati militari o ufficiali antifascisti. Se si escludono i militari internati circa il 90% dei deportati italiani perse la vita nei campi di concentramento.